Messaggi WhatsApp e recupero crediti: i decreti ingiuntivi
La recente giurisprudenza ha riconosciuto la possibilità di utilizzare i messaggi WhatsApp al fine di ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo, ritenendo che la messaggistica istantanea scambiata attraverso la piattaforma può costituire idonea prova scritta ai sensi dell’articolo 633, n. 1, in forza dell’articolo 634, comma 1, del c.p.c.
Quest’ultima norma integra il contenuto della prima, prevedendo che sono “prove scritte idonee a norma del numero 1) dell’articolo precedente le promesse unilaterali per scrittura privata anche se mancanti dei requisiti prescritti dal Codice civile”. In conclusione, la giurisprudenza ha concesso la tutela monitoria ai ricorrenti sulla base delle trascrizioni dei messaggi WhatsApp contenenti una ricognizione di debito, attesa la rilevanza attribuita dall’articolo 634 del Codice di procedura civile.
Numerosi provvedimenti giudiziari confermano questa consolidata tendenza: il Giudice di pace di Avellino (novembre/dicembre 2024), il Giudice di pace di Latina (sentenza n. 2399/2021), il Tribunale di Rieti (sentenza n. 525/2023), il Tribunale di Napoli (sentenza n. 3236/2024), il Tribunale di Milano (sentenza n. 6935/2021) e il Tribunale di Ravenna (sentenza n. 231/2017) hanno tutti stabilito che è possibile recuperare un credito producendo in giudizio una chat WhatsApp registrata sul cellulare.
Messaggi WhatsApp: non solo testo, ma anche emoji e messaggi vocali come prova in tribunale
La giurisprudenza italiana ha recentemente esteso il valore probatorio dei messaggi WhatsApp anche agli elementi non testuali come emoji e messaggi vocali, riconoscendo il loro potenziale valore legale in diverse circostanze processuali.
Per quanto riguarda le emoji o emoticon, due sentenze hanno fatto giurisprudenza in materia. Il Tribunale di Foggia, con la sentenza n. 1092/2022, ha stabilito che le emoticon a forma di cuore inviate all’amante costituissero prova di tradimento in una causa di separazione. Il giudice ha ritenuto che questi simboli grafici, nel contesto specifico della comunicazione tra le parti, rappresentassero una chiara manifestazione di un legame sentimentale extraconiugale, attribuendo loro un preciso valore probatorio. Inoltre, gli screenshot, se acquisiti lecitamente, possono essere impiegati per datare l’inizio della relazione.
Più recentemente, con la sentenza n. 522 dell’8 febbraio 2025 il Tribunale di Napoli ha attribuito valore legale all’emoji del pollice alzato/like inviata in una chat WhatsApp. In questo caso, il giudice ha stabilito che tale simbolo grafico potesse essere considerato una effettiva manifestazione di consenso con pieno valore legale.
Anche i messaggi vocali di WhatsApp hanno ottenuto riconoscimento giuridico. La sentenza n. 823/25 del 30.01.2025 del Tribunale di Milano ha stabilito che un messaggio vocale può costituire una valida manifestazione di consenso e provare il piano di rientro accettato dal creditore con tale modalità. Il Tribunale di Milano ha pertanto accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo e revocato il decreto opposto. Nel caso di specie, i vocali prodotti confermavano l’effettiva accettazione e i termini del piano di rientro contenuto in un’email che la parte creditrice aveva disconosciuto, peraltro in maniera generica e non efficace, limitandosi a prendere le distanze dalla provenienza e dal contenuto dell’email, senza allegare elementi che consentissero di ritenere che il documento fosse frutto di una contraffazione o, comunque, non rispondente al vero o non proveniente dalla sua email.
Appena un mese prima, la sentenza n.3319 del 29.12.2024 del Tribunale di Torre Annunziata, aveva riconosciuto l’efficacia di prova legale dei messaggi vocali Whatsapp, prodotti nella trascrizione del loro contenuto e ascoltati in udienza, al pari del contenuto di una chat, ai sensi dell’articolo 2712 del c.c.
Questi orientamenti giurisprudenziali segnano un’importante evoluzione nell’interpretazione giuridica dei nuovi linguaggi digitali, riconoscendo come le forme di comunicazione si stiano evolvendo insieme alla tecnologia. I tribunali italiani stanno progressivamente adattando l’interpretazione delle norme probatorie alle nuove forme di comunicazione digitale, riconoscendo che emoji e messaggi vocali possono, in determinati contesti, rappresentare manifestazioni di volontà giuridicamente rilevanti al pari delle comunicazioni testuali tradizionali.
Conclusioni: messaggi WhatsApp e futuro della prova digitale
I messaggi WhatsApp – e come questi tutti gli scambi avvenuti con sistemi di messaggistica istantanea – rappresentano oggi una forma di comunicazione così diffusa e pervasiva da non poter essere ignorata dalla giurisprudenza. La crescente rilevanza dei messaggi WhatsApp nel processo civile italiano riflette la necessità del sistema giuridico di adattarsi alla realtà sociale contemporanea, in cui le comunicazioni digitali hanno ormai sostituito in larga parte le forme tradizionali di scambio documentale.